Ci sono le camelie di mamma Franca in giardino, vicino al canestro che quel bimbo prende di mira di continuo. Guai a sciupare quelle piante, guai a sbagliare i tiri, a far andare la palla tra quei fiori che la mamma cura con passione da anni. C’è il rischio che oltre alle urla e ai rimproveri, dalla finestra di casa voli anche qualche pantofola contro quel figlio che non ne vuol sapere di smettere di tirare.
Così, per salvaguardare le camelie di famiglia ed evitarsi severe punizioni, Simone, il secondogenito di casa Taddei, deve affinare la sua tecnica. In quel momento non lo sa, non lo capisce, ma più tardi, crescendo, si renderà conto che quelle camelie hanno contribuito a fargli avere una mano educata, una buona tecnica di tiro che gli regalerà tante soddisfazioni.
Sulle orme del fratello. A basket gioca il fratello Leonardo, di sei anni più grande. Imitarlo e sfidarlo viene naturale al piccolo Simone, sempre più attratto da quel canestro sistemato nel giardino della casa dei genitori, ad Altopascio. Comincia ad andare in palestra, gioca nella squadra che però dopo 2-3 anni si scioglie e Simone è costretto a trasformarsi in autodidatta, attacca il canestro da solo, a casa, stando sempre attento alle camelie di mamma.
Una mano educata. Va avanti così per un bel pezzo fin quando, all’Itc di Porcari dove frequenta le superiori, incontra avversari di sfide passate e si ritrova a vestire la maglia del team del paese. Promozione, serie D, serie C fino al ritorno ad Altopascio. La buona mano, la facilità di fare canestro, di centrare la retina con continuità lo impongono all’attenzione, anche se poi con gli anni il ruolo cambia e comincia a giocare da play. Ma soprattutto cambia veste, allena.
Le prime esperienze da coach. Nel 1995 segue i bambini del minibasket ad Altopascio, poi partecipa ai corsi per poter insegnare anche ai ragazzi più grandi. E’ in questo ambito che conosce Cesare Ripari, che ha una tipografia ad Altopascio. Il figlio è tra gli allievi di Simone, che nonostante si sia diplomato geometra non vuole fare questa professione. Ripari gli offre un posto da impiegato nella sua impresa.
L’arrivo al Bf Porcari. Taddei allena anche a Chiesina e a Montecatini, tra i ragazzi c’è il figlio di un dirigente del Basket Femminile Porcari, Massimiliano Pisani, che lo invita a guidare il gruppo Under 13 del club gialloblù. Con quella squadra nel maggio del 2016 a Prato, Taddei vince la Coppa Toscana di categoria. E tante di quelle ragazze fanno parte della formazione Under 14 Gold, sulla cui panchina il tecnico di Altopascio siede in questa stagione.
“Oggi – dice Simone – è più difficile allenare rispetto al passato. I ragazzi e le ragazze si stancano rapidamente, cedono alle prime difficoltà, è più facile rinunciare che sacrificarsi. La differenza tra guidare maschi e femmine? L’approccio è diverso, l’esempio più classico è lo spogliatoio che un coach maschio condivide con i bimbi ma non con le ragazze. Poi ovviamente ritmo, fisicità e velocità di esecuzione sono diversi, anche se le bimbe hanno più facilità ad apprendere”.
L’unicità del PalaSuore. “Questo è un ambiente diverso – spiega Taddei – l’educazione, il rispetto, giocare con il sorriso sono gli elementi che lo caratterizzano. Qui fa più dispiacere un comportamento sbagliato di una sconfitta. Ho una figlia piccola che fa equitazione, si diverte in piscina e con la danza. Se volesse provare questo sport non avrei alcun dubbio e la farei giocare a Porcari”.
Crescere con il basket. Taddei compirà 45 anni il prossimo 20 luglio, allena da più di 20.
“La voglia di venire in palestra per allenare – racconta – è la stessa che mi faceva mettere pantaloncini e scarpette per giocare. Anche se adesso mi pesa di più il tempo che dopo il lavoro sottraggo a mia figlia e mia moglie. Quando giocavo mi è successo più volte di scontrarmi con atleti più prestanti, più forti fisicamente e quando riuscivo a primeggiare era per me motivo d’orgoglio, la ricompensa per i miei sacrifici, la consapevolezza che l’impegno ti ripaga con delle soddisfazioni. Ecco, è questo il messaggio che voglio trasmettere alle mie bimbe. Lo sport di squadra aiuta a crescere, in una partita assumersi la responsabilità dell’ultimo tiro che può essere decisivo è importante, comunque vada a finire. E’ una esperienza che ti resta dentro, ti rende più forte e ti serve per la volta dopo”.